giovedì 2 ottobre 2014

1520 - PAGNANI, Decreto per rendere il corso dell'Adda navigabile fine a Milano


CARLO PAGNANI

Decreto per rendere il corso dell’Adda navigabile fine a Milano
a testimonianza della liberalità e della munificenza del
cristianissimo re verso la città


Perché non venga meno il ricordo di ciò che nel Consiglio degli Edili
di Milano è stato discusso per derivare il corso dell’Adda fino
alla città per mezzo di un canale comodamente navigabile,
Carlo Pagnani, patrizio milanese, provvede ora con
questo memoriale. E perciò, lui che per incarico
pubblico è sempre intervenuto nella questione
insieme ai cittadini e agli architetti di più
eccellente ingegno, ha qui riepilogato
in chiaro ordine e il più brevemente
possibile tutto ciò che su tale
progetto gli era parso
necessario
ricordare.

* * *

MILANO, come moltissime altre città italiane e straniere, non è attraversata e nemmeno bagnata da un fiume navigabile. Ma ciò che la posizione naturale le ha negato, lo ha conseguito l’operosità dei suoi cittadini grazie alla generosità dei suoi signori: e così ora due grandi canali, l’uno ricevendo l’acqua del Ticino e l’altro quella dell’Adda, assicurano alla città una navigazione permanente. Il primo va a gloria dei Torriani, mentre il secondo del duca Francesco Sforza, e sarebbe superfluo stare a calcolare quanto sviluppo essi abbiano portato e portino di giorno in giorno alla città. Basterà soltanto questo per renderne evidente la grande utilità: una città tanto popolosa non potrebbe sopportare per un anno intero la massa per lo più incalcolabile di cittadini e di forestieri se i due canali che chiamano Navigli ritornassero a non esser più navigabili. Invece perché ciò non succedesse Francesco re di Francia, dopo l’acquisizione del ducato di Milano, ha provveduto a sufficienza, e per di più, per elargire ai milanesi qualcosa che fosse ancor più degna di un re tanto grande, ha voluto concedere loro diecimila ducati all’anno, di cui cinque ha ordinato che fossero spesi per derivare un nuovo canale navigabile, proprio perché giustamente riteneva che una città così ragguardevole avrebbe tratto grande accrescimento se a quei due canali se ne fosse aggiunto un terzo. Poiché tuttavia dopo un’attenta livellazione si era appurato che tale opera sarebbe stata così difficoltosa da poter essere annoverata tra quelle impossibili, è parso opportuno agli architetti, cioè coloro che in patria vengono al primo posto nelle misurazioni di questo tipo, convertire tale somma per rendere navigabile il corso dell’Adda, dato che lo si poteva fare senza molta fatica, con modica spesa e in breve tempo. Il cristianissimo re ha dato il suo consenso all’opera e ha sottoscritto la supplica dei suoi cittadini, nondimeno si sono presentate molte difficoltà nell’impresa e quanto accade spesso in una città molto grande, cioè che ciascuno difenda ostinatamente il parere che aveva sostenuto fin dall’inizio, a Milano ha avuto come conseguenza che la questione fosse rinviata al Senato fino a quando ogni singolo elemento fosse stato vagliato e considerato tramite un’attenta perizia; così il decreto del Senato, che sarà riportato in fondo al libro, è stato differito fino al ventisei settembre del 1518 e non lo si è potuto conoscere se non molti giorni dopo dai segretari. Quando poi i Dodici provveditori al pubblico bene si stavano accingendo a dare il via all’opera, ecco che è intervenuta un’altra dilazione in seguito alla nuova elezione dei Dodici e alla nomina del giureconsulto che normalmente si mette a capo di tale collegio; e protrattasi ulteriormente la dilazione (ma senza colpa dei cittadini) ha rimandato fino ad ora un’impresa ricca di gloria per il nostro re e degna di assicurargli l’immortalità, oltre che utile, per non dire necessaria, alla città di Milano. Allora ho dato inizio alla descrizione di ogni livellazione e misurazione effettuata, tanto in base all’idea di scavare un nuovo canale, quanto intorno al progetto di rendere navigabile l’Adda, per far sì che questa munificenza regale nei nostri confronti, nota tuttalpiù a poche persone, si diffondesse di bocca in bocca e tutti coloro che hanno cara la patria fossero incitati ad offrire il loro contributo ad un’opera tanto utile: con il proprio ingegno chi può, con i propri mezzi chi è ricco, con la propria scienza chi sa praticare bene misurazioni e livellazioni, con il proprio favore chi sta più in alto per potere e influenza. E intanto, perché mai in alcun tempo si perda il ricordo di questo progetto, nel caso in cui oggi non venga realizzato, vivano questi sforzi presso i posteri riversati in molti volumi, fino a quando non nasca un uomo di animo elevato che, per desiderio di nobile fama ed amor di patria, porti a termine quel compito già indicato. A ciò si aggiunga che io, mosso soltanto dall’amore per la patria, per questa impresa ho sopportato molte fatiche e diverse spese sotto Francesco, re di Francia e duca di Milano, e, per seguire le orme dei miei antenati, che proprio per quell’amor di patria hanno fatto grandi cose, anch’io ho sperato di cogliere qualche frutto dei mio zelo, impegno e costanza, se solo presso i posteri rimarrà testimonianza della mia premura, serietà, devozione e amor di patria, così da incitare i loro animi, grazie al mio esempio (e per poco che abbia fatto), a prendersi cura del pubblico prestigio. E non credo poi che si debba tralasciare, senza cadere in grave colpa, il fatto che questa città, che ora è assai popolosa, potrebbe diventarlo molto di più se ci fosse sufficiente disponibilità di materiale per costruire nuovi edifici, materiale che a sua volta giungerebbe a profusione se l’Adda fosse resa navigabile: per esempio pietre, legna, calce e soprattutto carbone, di cui i fabbri hanno bisogno per molte lavorazioni. Poi sarebbero portati in città vino, carni e simili in abbondanza, oltre che grandissima quantità di prodotti della terra con poca fatica e costi minimi: in questo modo la città sarebbe resa sì più insigne per i suoi palazzi, ma anche più ricca di generi alimentari. Infine i dazi, che sono il nerbo delle guerre, potrebbero essere appaltati a molto maggior prezzo. Dalla misurazione fatta si è anche appurato (e credo sia una cosa da tenere nella massima considerazione) che si potrebbe navigare dalla Valtellina fino a Venezia senza rimuovere i carichi. Allora Milano, per quanto lontana dal mare, proprio grazie a questa più che agevole navigazione potrà essere considerata senza dubbio una città marittima, visto che così tutte le merci che arrivano a Venezia dopo un lungo viaggio di mare potrebbero essere trasportate fin qui con poca fatica ed altrettanto piccola spesa. E in quale modo davvero semplice si potesse ottenere ciò, alla fine ho ritenuto di doverne parlare qui brevemente, perché non si pensasse che io fornisco notizie false (quantunque dalle misurazioni prese con esattezza lo si possa vedere più chiaro della luce). Infatti, una volta resa navigabile l’Adda, come si è già detto, il corso d’acqua principale sarà quello che scorrerà nei canali, e se poi quest’acqua fosse unita a quella dell’altro canale che esce dal Ticino con l’aggiunta di alcune costruzioni di sostegno all’imboccatura di entrambi, una volta confluita in un unico corso e derivata o accanto alla porta vicina al cenobio del Paradiso, oppure per un altro luogo più adatto (perché a questo proposito non c’è da sforzarsi dato che esistono molte vie alle quali si può facilmente congiungere e da cui uscire), e poi condotta fino al castello di Sant’Angelo, allora scenderebbe assai facilmente fino al Po attraverso il corso del Lambro, che in quel punto comincia ad essere navigabile, e il costo di tutti questi lavori non sarebbe superiore alla somma di centomila ducati d’oro. Posto quindi che tutti questi progetti, ricchi come sono di onore e colmi di lodi, porteranno con poca spesa profitti vantaggiosi per le entrate pubbliche e più che ingenti anche per quelle private, chi sarà del parere di non doverli portare a termine adesso? O almeno non si preoccupi che siano avviati e completati in futuro? E sebbene Dio stesso avesse offerto soltanto al nostro re la possibilità di compiere quest’opera, perché grazie ad essa il suo nome immortale venisse associato a quello di lui, anche la profonda benevolenza dei milanesi potrebbe venire in suo favore. Ma per non essere più lunghi del necessario nella prefazione, veniamo all’ordine delle cose da trattare, parte in lingua latina ma piuttosto corrente, e parte in lingua materna perché facilmente i lettori capiscano. Si è visto infatti che i livellatori, i misuratori e gli uomini di questa categoria non sanno molto di latino. E anche questo va ad aggiungersi a ciò che ha ritardato l’opera e l’ha rinviata fino al presente.

Ordine degli argomenti trattati:
qui se ne dà un sommario e più avanti saranno
esposti in modo più ampio e dettagliato

Donazione anzitutto e concessione del cristianissimo re, 7 luglio 1516.
Interinazione del Senato, 6 settembre 1516, e ciononostante l’avvio dell’opera viene in molti modi prorogato.
Nomina del ricevitore, 18 ottobre 1516.
Che cosa aveva ordinato in un primo momento il Consiglio degli Edili, 20 ottobre 1516.
Esame dei luoghi attraverso cui questo nuovo naviglio deve essere derivato, misurazione e livellazione, 9 novembre 1516.
Editto ovvero proclama da parte della Comunità, 2 settembre 1517.
Supplica della cittadinanza, 16 settembre 1517.
Decreto del Senato, 26 settembre 1518.
Per quali motivi la somma assegnata dal re per un nuovo canale sia stata destinata a rendere l’Adda navigabile.
Nomina di alcuni cittadini incaricati di esaminare scrupolosamente il corso dell’Adda e in che modo lo si possa rendere navigabile, 6 novembre 1518.
Loro parere sulla questione, 14 novembre 1518.
Ordinanza del Consiglio degli Edili ovvero Ufficio di Provvisione sulla stessa questione, 28 settembre 1519.
Altra ordinanza emanata dallo stesso Consiglio, 4 ottobre 1519: e cioè che il signor Filippo Guasconi ed altri tre architetti o ingegneri nominati nell’ordinanza stessa si rechino di nuovo insieme a lui nei luoghi attraverso i quali si può derivare il canale navigabile, per misurare, livellare e calcolare tutte le spese ritenute necessarie per l’opera.
Istruzione data ai suddetti architetti delle cose da prendere in considerazione circa la realizzazione del progetto, 5 ottobre 1519.
Relazione degli stessi con le misure, le livellazioni e il totale di tutte le spese per la conclusione del lavoro, 14 novembre 1519.

Donazione

Il cristianissimo re, rivolgendo l’animo alla disinteressata fedeltà che i cittadini milanesi hanno dimostrato nei confronti di sua maestà e ai danni intollerabili che hanno subito, liberamente dona e concede alla suddetta città la somma di diecimila ducati di reddito annuo perpetuo da riscuotere, per mano del ricevitore cittadino, dai dazieri della mercanzia, somma da rivolgere soltanto a vantaggio ed utile della città e non diversamente. E detto ricevitore sarà incaricato dal vicario e dai Dodici di Provvisione di ripartire il denaro nel modo e forma che seguono: cinquemila per la costruzione di un naviglio, secondo quanto fissato nell’articolo di cui sopra, su mandato del vicario e dei Dodici di Provvisione, mentre i rimanenti cinquemila, cioè duecento all’anno, saranno ripartiti secondo l’ordine degli stessi vicario e Dodici di Provvisione, ma per quanto riguarda tale resto, soltanto dopo aver convocato quattro membri del Collegio dei Dottori e dei Medici e quattro Mercanti, oltre ai nobili deputati all’amministrazione dell’Ospedale Maggiore. E ogni anno il suddetto ricevitore ne presenterà un rendiconto presso la Camera delle Entrate Ordinarie, alla presenza del vicario di Provvisione e dei fiscali.

Interinazione

Quanto al capitolo relativo alla costruzione del naviglio, il Senato ha ordinato che i rappresentanti della Comunità nominassero, il più presto possibile, persone idonee ed esperte di questioni di questo genere per scegliere ed indicare il luogo in cui si dovesse costruire il naviglio e riferirne al Senato prima di por mano all’opera, in modo che, dopo un attento esame dei risultati, si potesse definire ciò che sarebbe stato più utile.
Una volta effettuata detta interinazione, appena la si è potuta conoscere, l’Ufficio di Provvisione ha deliberato nel modo che segue.
Il 18 ottobre 1516 il signor Francesco d’Adda è stato nominato ricevitore dall’Ufficio di Provvisione.

Ordinanza dell’Ufficio di Provvisione

Nel millecinquecentosedici, quinta indizione, il ventesimo giorno di ottobre, all’ora terza, sono presenti sui seggi della tribuna ordinaria del Vicariato e dell’Ufficio di Provvisione della magnifica Comunità di Milano, posta nella sala del detto Ufficio nel Broletto del Comune, il magnifico dottore in diritto civile e canonico signor Bernardo Crivelli, vicario dell’Ufficio, e i magnifici signori Girolamo Pecchio, Catellano Cotta, dottori in diritto civile e canonico, maestro Giovanni Antonio Cusani, fisico, Cesare Birago, Carlo Pagnani, Giovanni Giacomo Calcaterra, Filippo Caimi e Francesco Visconti detto Porino, tutti dei Dodici deputati dell’Ufficio di Provvisione. Ed essi, dopo un lungo ed assennato discorso sulla questione, alla presenza anche del chiarissimo dottore in diritto civile e canonico, il signor Cristoforo Panigarola, luogotenente regio e deputato dell’Ufficio, ordinano e dispongono che il più rapidamente possibile i suddetti magnifici vicario e Carlo Pagnani, con l’intervento dello spettabile signor Filippo Guasconi e dei maestri Bartolomeo della Valle e Benedetto Missaglia, entrambi ingegneri del Comune, espertissimi nella derivazione delle acque, si rechino e si trasferiscano nella zona del lago di Como e quivi osservino e ricerchino con scrupolo e accuratezza in quale punto si possa più opportunamente ed agevolmente derivare da quel lago un nuovo naviglio e attraverso quali territori e zone quelle acque possano essere condotte fino a questa città di Milano per volgersi a quella maggiore pubblica utilità e beneficio possibile di tutta la città.
E di tali disposizioni fanno richiesta a me, Pietro Martire Spanzotta, notaio e cancelliere del detto Ufficio, di redigere l’atto.     9 novembre 1516.

Le prime ispezioni dei luoghi da parte degli incaricati
alle misurazioni e alle livellazioni

Il magnifico signor Bernardo Crivelli, dottore in diritto civile e canonico e vicario di Provvisione, i signori Carlo Pagnani, dei Dodici, e Filippo Guasconi, i maestri Bartolomeo della Valle e Benedetto Missaglia, entrambi architetti, i signori Evangelista de Longone, notaio dell’Ufficio di Provvisione, e Giovanni Stefano Solari, scriba, designati come sopra, si sono recati ad osservare ed esaminare con attenzione alcuni luoghi che si presentavano adatti, in quanto attraverso questi si poteva costruire il naviglio, come si è detto prima. Innanzitutto sono andati a vedere la valle di Malgrate sopra Lecco e lungo quella valle si sono portati al Ponte di San Nazzaro, dove si trova l’emissario del lago di Civate, di Annone e di Sala, e dove l’acqua di quei laghi entra nel Lario, dopo aver prima messo in movimento e fatto girare molti mulini. Poi i detti architetti hanno cominciato a livellare l’acqua partendo dalla riva di quel lago per salire fino al detto Ponte di San Nazzaro; e hanno rilevato che dal Lario fino al Ponte ci sono 48 braccia e un quarto di salita, mentre i laghi di Civate ecc. misurano un miglio e un quarto di lunghezza e 18 braccia di profondità; da cui deriva che, se si vogliono portare le acque dal Lario verso Milano, è necessario scavare quei laghi per 30 braccia.
Successivamente gli architetti hanno livellato dal pelo dell’acqua dei detti laghi fino al pelo dell’acqua del lago di Pusiano ed hanno trovato una salita e dislivello di 62 braccia; vi sono inoltre due miglia di distanza e il lago di Pusiano ha una profondità di 48 braccia ed una lunghezza di tre miglia, quindi fa defluire come emissario il Lambro nei pressi del Ponte Nuovo. Così, secondo il calcolo della livellazione dell’acqua, se si vuole realizzare il naviglio per questa via bisogna dragare e scavare il letto del Lambro per 100 braccia e 10 once. Perciò, considerando che questa via è molto difficile, hanno abbandonato il compito ricevuto.
È stata allora proposta una altra via per aprire l’imboccatura del naviglio nel canale del Bevera sotto Airuno; così seguendo il piano del Bevera gli architetti hanno iniziato a livellare lungo la costa di Porchera e, salendo alla Casa Nuova che si trova sulla sommità di quella costa, hanno rilevato che vi sono centosessantadue braccia di salita, per cui sia a causa dell’eccessiva altezza, sia per l’aria nebbiosa, hanno desistito dall’impresa.
E proseguendo hanno ispezionato il fiume Adda, in particolare il luogo detto le Tre corna, sia più sopra che più sotto, ma proprio a causa di quella nebbia non hanno effettuato alcuna livellazione, considerato anche l’inverno, dato che era il mese di novembre. Perciò hanno preso la via di Milano.
In seguito tuttavia è stato suggerito che si poteva portare il naviglio dal Lario a Milano attraverso la valle del Seveso; così il 2 giugno 1517 vi si sono recati il magnifico signor Maffeo Landriani, i signori Carlo Pagnani, Luigi Porro e Alessandro Vimercati, questi due esperti e pratici della zona, insieme all’architetto maestro Benedetto Missaglia, a Giovanni Simone della Porta e a maestro Giovanni Balestrieri, e sono penetrati nella valle del Seveso nella località di Lentate prendendo in esame tutti i mulini e lo scorrimento dell’acqua del Seveso, compresa la caduta dei mulini sul Seveso stesso, e riflettendo anche sull’esigua larghezza e sulle forti strettoie della valle. E, dato che in molti luoghi la valle è così strozzata e angusta con coste altissime e scoscese, che non si potrebbe gestire l’estrazione della terra al suo interno, quand’anche vi fosse un modo per derivare le acque dal Lario, la cosa risulterebbe assai difficile tanto per la profondità di quel lago, quanto per le grandi montagne che lo stringono. Perciò, lasciati i mulini del Seveso, sono risaliti attraverso la valle del Seveso fino alla Cavallasca, dove nasce il fiume e che è un’altura sopra Chiasso. E proprio a Chiasso hanno trascorso la notte.
Invece la mattina del giorno dopo sono andati a vedere una certa valle posta vicino a Chiasso, attraverso cui si diceva che si sarebbe potuto trarre il naviglio dal Lario a Milano, ma hanno scoperto che non era possibile.
Sono quindi giunti a Como, perché era stato loro indicato che lì vi era un passaggio per immettere il naviglio, accanto a Sant’Agostino, e lo hanno visto passando per il piano di Como vicino alla chiesa di San Carpoforo, che è situata sulla costa, e sono penetrati nella valle del Fiume Aperto e quindi nella valle assai profonda dell’Acquanegra; poi, considerate le molte difficoltà, hanno fatto ritorno a Milano senza aver eseguito alcuna livellazione, poiché era giunto il tempo della mietitura.
Il 4 luglio 1517 hanno lasciato Milano i signori Carlo Pagnani e Giovanni Antonio Moneta, uomo pratico della zona in cui si dirigevano, e i maestri Benedetto Missaglia e Andrea dei Tintori, architetti, perché era stato suggerito che si poteva trarre il naviglio dal lago di Lugano attraverso la valle dell’Olona fino a Milano, e si sono diretti verso la località di Lurate dell’abbazia di San Simpliciano. Quivi si sono intrattenuti con uomini pratici della zona, ai quali è stata spiegata la questione del naviglio e come stavano esaminando attentamente tutte le vie più adatte al progetto, ed essi li hanno condotti fino alla sorgente stessa dell’Olona. Quindi hanno attraversato la costa nei pressi di Balerna e sono arrivati vicino a Mendrisio, da cui alla località di Riva lungo il detto lago di Lugano, dove hanno soggiornato, ma non hanno trovato per quella via nulla che ottenesse lo scopo.
Poi il giorno dopo sono saliti su un’imbarcazione ed approdati a Porlezza per osservare la distanza del lago di Lugano dal Lario ed hanno rilevato che tale distanza è di sei miglia; era anche stato detto che sarebbe stato possibile realizzare con piccola spesa un naviglio quasi fino a Menaggio per due miglia, ma poi hanno analizzato quel e due miglia e si sono accorti che era impossibile, dato che il lago di Lugano è più alto del Lario di cento braccia e con una costa molto elevata.
Quindi hanno lasciato Porlezza il giorno successivo e si sono recati a Ponte Tresa per vedere se si poteva adattare il fiume Tresa alla navigazione dal lago di Lugano al Verbano, ma hanno constatato che il Tresa quasi non ha acqua e per di più scorre impetuosamente.
Poi sono andati al Porto sul lago di Lugano, perché era stato loro indicato che vi si trovava una valle detta Placca attraverso cui, secondo l’opinione di molti, si potevano derivare le acque del lago di Lugano verso Milano tramite un naviglio, evidentemente attraverso il Lura in direzione di Saronno. Ma si sono accorti che ciò si poteva tare con grande difficoltà, allora si sono portati nei pressi di Biumo ed hanno osservato con attenzione che non vi era alcunché di utile, così sono ritornati alla riva del lago dove avevano lasciato i cavalli.
Dalla riva si sono diretti alla città di Como e, dal momento che alcuni comaschi avevano riferito al signor Carlo Pagnani che a Como vi era chi asseriva che vi fosse un modo per realizzare l’imboccatura del naviglio proprio nelle vicinanze della città, è parso opportuno al suddetto signor Carlo informare di questo affare il signor Giovanni Giacomo Rusca, cittadino di Como, e al colloquio è stato presente per caso il magnifico signor Antonio Castiglioni, dei regi questori ordinari. Così il signor Giovanni Giacomo ha fatto riunire gli addetti alle provvisioni della città e ha comunicato loro la questione, anche se poi quei comaschi non hanno ritenuto di dover esprimere al signor Carlo alcun parere.
Successivamente si sono recati nella località di Oggiono per vedere se attraverso la Valmadrera si poteva realizzare il naviglio passando per il piano di Oggiono, ma sia venendo in direzione di Rovagnate che verso il Lambro non hanno trovato alcun modo.
Infine sono ritornati alla suddetta Casa Nuova sita sulla sommità della costa di Porchera, dove avevano portato a termine il primo esame e livellazione e dove erano state misurate centosessantadue braccia di salita e dislivello, come si è detto sopra. E dalla detta Casa, livellando in direzione di Milano attraverso la valle di Pianezzo, sono passati tra il castello e il territorio di Cernusco e quindi attraverso i Prata Roxa lasciando il territorio di Usmate sulla destra, sempre muovendosi per i luoghi più bassi; così hanno raggiunto il territorio di Arcore ed hanno trovato che si stava irrigando la campagna di Sant’Alessandro sotto il territorio di Arcore, per lo spazio di un miglio, ma con enorme spesa.
In quell’arco di tempo, il 18 luglio, da Arcore si sono diretti a Brivio per valutare se fosse possibile rendere l’Adda navigabile e si è fatta una livellazione. E qui è stato loro riferito da gente del posto, che era stata presente alla livellazione eseguita, per ordine del signore Ludovico Sforza, dal signor Giuliano Guasconi e da altri architetti per derivare un naviglio da Brivio a Milano, che esistevano degli atti di tale livellazione e che si trovavano a Milano; perciò sono venuti a Milano per rintracciare quelle scritture, ma, pur avendo impiegato ogni cura, non le hanno trovate.
Allora, il 6 agosto 1517, sono ritornati per livellare quella via da Brivio verso Trezzo e c’erano anche gli architetti maestro Bartolomeo della Valle e maestro Benedetto Missaglia, che hanno reso conto di quella livellazione da loro eseguita. Quanto agli atti di tale livellazione si trovano presso di me, Carlo Pagnani suddetto, che sempre deputato dall’Ufficio di Provvisione sono stato presente a tutte le livellazioni dalla prima cavalcata di sopralluogo, che ha avuto inizio il 9 novembre 1516, fino alla presente che è stata l’ultima, salvo quanto dirò più sotto. E proprio in quest’ultimo sopralluogo è stato esaminato con attenzione il modo per rendere navigabile il corso dell’Adda, per i motivi che si sono esposti nella supplica inoltrata a nome della Comunità e successivamente alla pubblicazione dei bandi.

Proclama della cittadinanza

Il cristianissimo re ed ottimo nostro duca, nella sua inesauribile generosità e nel suo straordinario amore verso questa città, ha voluto che essa ricevesse in dono diecimila ducati all’anno sul dazio della mercanzia, di cui cinquemila ha ordinato che venissero spesi per scavare un nuovo canale che fosse navigabile in modo permanente. Considerato dunque che i Dodici provveditori al pubblico interesse e l’edile Bernardo Crivelli, posta la questione in consiglio con molti cittadini, hanno stabilito di valersi di quel favore regio tanto straordinario perché si provvedesse alla città e al bene pubblico, per quanto tosse loro possibile, e perché l’immortalità fosse associata al nome del re grazie ad un’opera tanto squisita; e considerato anche che si sono dati molto da fare per scoprire il modo più facile, vantaggioso e conveniente per derivare un cosiddetto naviglio dal Lario e condurlo fino alla città; considerato infine che più volte sono stati inviati nei luoghi opportuni molti esperti in questo tipo di scienza, e per lo stesso motivo vi si è recato talvolta anche l’edile, e che si è già esaminato quello che si può fare per scavare un canale nei pressi del castello di Brivio e nei luoghi adiacenti, per poi venire alla volta di Trezzo a causa della sponda alta dell’Adda, e che in questo senza dubbio hanno usato una grandissima attenzione aspirando, ciascuno secondo i propri mezzi, ad offrire un contributo a quest’opera nuova e fruttuosa, perché sia resa nota ad ogni misuratore, livellatore, architetto ed esperto in questo genere di lavori; pertanto da parte dei Dodici provveditori al pubblico interesse e dell’edile si proclama e si porta alle orecchie di tutti che se c’è qualcuno che abbia escogitato un modo nuovo o un’altra via, ad esclusione di Brivio e dei luoghi circostanti, per condurre un canale navigabile dal Lario fino a questa città e l’abbia comunicato a loro sotto forma di modello con le migrazioni e il totale della spesa, colui che avrà sottoposto i progetti più validi e convenienti, riceverà a titolo di dono duecento ducati da parte della Comunità.
Sottoscrivono: Giacomo Calcaterra per parte dell’edile, Francesco Capra, Giovanni Antonio Cusani, Simone Bossi, Carlo Pagnani, Giovanni Giacomo Calcaterra, Gabriele Trincheri, Ambrogio Magnani.
Proclamato sia nel Broletto che nella piazza dell’Arengo da Luigi Marliani pubblico precone, il 5 settembre 1517.

Supplica della cittadinanza

Cristianissimo re, già da tempo questa città di Milano ha desiderato la costruzione di un nuovo naviglio e a questo desiderio la maestà vostra non solo ha dato il suo assenso, ma per venirci in aiuto ha concesso cinquemila ducati all’anno per l’esecuzione dell’opera. Perciò alcuni nobili sono stati inviati in diverse zone insieme ai più esperti architetti per ispezionare i luoghi adatti ed effettuare le misurazioni, oltre che per valutare con quale cifra la si potesse realizzare. Alla fine e stato riferito al vicario di Provvisione, ai Ventiquattro e ai Dodici presidenti di Provvisione che senza dubbio si poteva derivare un naviglio dal lago di Como fino alla città, ma non senza grandissima spesa e lungo spazio di tempo. Alcuni tuttavia hanno espresso il parere che al momento alla città conveniva di più rendere navigabile il corso dell’Adda, troppo rapido e sassoso, e pieno per di più di tutti quegli svariati ostacoli che impediscono la navigazione, e gli architetti hanno dimostrato che questo si poteva realizzare con circa cinquantamila scudi e in non più di due anni. E dato che quest’ultima soluzione sembra preoccuparsi più sollecitamente proprio della città, che soffre quanto mai della mancanza di legna, calce, carbone e di quant’altro da quel lago, tramite l’Adda e il naviglio della Martesana, si potrebbe portare qua con facilità e abbondanza, per questo il parere di coloro che proponevano la navigazione dell’Adda ha trovato il consenso dei prefetti di Provvisione e dei Ventiquattro, perché ciò avrebbe portato più in fretta beneficio alla città e gloria alla maestà vostra, sotto i cui auspici si porta avanti ogni iniziativa, che tuttavia non si può mandare ad esecuzione senza il consenso di quella, tanto più che con i privilegi della maestà vostra era stato disposto che quel finanziamento non si potesse indirizzare se non alla costruzione di un naviglio nuovo. Eppure non si pone in dubbio che anche la maestà vostra l’avrebbe concesso, se avesse inteso ciò che è stato preso in considerazione più tardi.
Pertanto i suddetti prefetti hanno deliberato di render noto ad ella quanto detto fin qui, pregandola ed umilmente supplicandola che si degni, dando approvazione alla loro degna richiesta, di concedere che questa città possa intraprendere l’opera di rendere l’Adda navigabile senza badare a chi sia di parere contrario, e che inoltre possa destinare a questo scopo i suddetti cinquemila ducati annui. Questo tornerà sia a vantaggio dello Stato che a grandissimo onore della maestà vostra. 16 dicembre 1517.

26 settembre 1518
Decreto del Senato che il corso dell’Adda sia reso navigabile

Nel Regio Senato di Milano, i signori vicario e Dodici di Provvisione considerato che, conformemente all’interinazione effettuata da quell’illustrissimo Senato del privilegio o capitolo contenuto nel privilegio concesso all’inclita città di Milano dal serenissimo e cristianissimo re e duca nostro, che parla della costruzione di un nuovo naviglio, essi stessi già da tempo si sono impegnati con ogni particolare attenzione, grazie al ricorso ai più esperti architetti e ad altri conoscitori di simili problemi per trovare il luogo adatto ed indicato alla costruzione di questo nuovo naviglio; e considerato che sono state viste e prese in esame molte zone, e sono anche state eseguite le dovute misurazioni e compiuti gli altri adempimenti necessari a tale progetto, e che infine, conclusa una lunga e precisa disamina di ogni questione, è risultato chiaro che attualmente nulla di più proficuo e notevole si potrebbe fare in onore e beneficio del re e nello stesso tempo conveniente a questa città, che rendere navigabile il corso dell’Adda fino all’ingresso o bocca del naviglio della Martesana, hanno fatto richiesta per mezzo di supplica che il Senato volesse concedere licenza di eseguire quest’opera, secondo quanto è disposto dalla suddetta interinazione.
In seguito il Senato, essendo a conoscenza che la questione era di grandissima importanza e perciò degna di prudente e matura considerazione, soprattutto dopo che alcuni si erano opposti ed avevano riferito al Senato stesso che loro avrebbero trovato le vie giuste per poter derivare un nuovo naviglio a Milano, aggiungendo anche l’enorme difficoltà di rendere l’Adda navigabile, ha deciso che ogni cosa venisse esaminata con rigorosa accuratezza da un senatore, per valutare se il progetto potesse risultare non a vantaggio, ma a danno del re e della città, e che poi al termine di questa analisi ne fosse riferito in Senato. Quindi il suddetto senatore ha presentato la sua relazione, da cui si è compreso che nulla di quanto richiedeva una questione così fondamentale era stato tralasciato: per molto tempo sono stati oggetto di attenzione i luoghi già ispezionati ed ogni particolare è stato discusso da architetti ed esperti di quelle materie; sono state eseguite misurazioni, tenuti vari colloqui con diversa gente, dibattute più volte molte questioni con parecchie persone, e prima di tutto con coloro che si erano opposti, per vedere se si poteva davvero costruire un nuovo naviglio. E si è trovato che attraverso i luoghi indicati era difficilissimo se non impossibile condurre un nuovo naviglio e che la spesa non era soltanto ingente, ma incalcolabile, oltre al fatto che non lo si poteva realizzare se non in tempi lunghissimi. Per quel che riguarda invece il rendere navigabile il corso dell’Adda, tramite una lunga verifica si sono discusse una per una tutte le obiezioni e si è replicato ad ognuna di esse, si sono approfonditi anzi, per quanto è stato possibile all’umano ingegno, tutti gli argomenti sotto ogni aspetto; si sono anche visti tutti i luoghi a ciò idonei, effettuate le misurazioni e le altre operazioni necessarie e si è resa in qualche modo evidente agli occhi l’utilità della navigazione dell’Adda; si è eseguito persine il doveroso calcolo della spesa, che a quanto sembra sarà equa e sostenibile; si è infine stimato che la cosa si poteva portare a termine in un tempo sufficientemente breve.
Pertanto, dopo aver opportunamente ponderato ed analizzato ogni cosa con la massima cura, ascoltata anche la relazione del suddetto senatore cui era stato affidato l’incarico, e visto tutto quello che si doveva vedere, il Senato è giunto alla presente decisione e così ha ordinato ed ordina che i signori vicario e Dodici prefetti di Provvisione di Milano, ricordando loro che questa lodevole e insigne impresa di rendere navigabile l’Adda, con l’aiuto ed il favore di Dio Ottimo Massimo innanzitutto, poi con il buon augurio e sotto i felici auspici del serenissimo e cristianissimo re ed invittissimo duca nostro, poteva volgersi sia a lode, gloria ed esaltazione della maestà sua, sia a lode e beneficio di questa inclita città, si diano da fare e si adoperino, con ogni sforzo ed ogni fatica e senza nulla tralasciare, perché quest’opera presto abbia inizio e presto sia portata a termine, e che osservino, si comportino ed agiscano soltanto in modo da conseguire, sia ora che presso i posteri, una perenne fama di virtù, prudenza e amor di patria, e nello stesso tempo la gloria.

Nomina dei cittadini che dovranno recarsi lungo il corso
dell’Adda per stabilire il modo di renderlo navigabile

Nel millecinquecentodiciotto, indizione settima, il giorno sabato sei novembre all’ora terza, nell’Ufficio di Provvisione della magnifica Comunità di Milano posto nel Broletto del Comune, sono convocati i magnifici signori Giacomo Calcaterra, dottore in diritto civile e canonico e luogotenente dell’eccellentissimo giureconsulto signor Bernardo Crivelli, vicario del detto Ufficio del Comune, Ludovico Visconti, dottore in diritto civile e canonico, maestro Giovanni Antonio Cusani e Carlo Pagnani, tutti dei Dodici deputati dell’Ufficio, oltre agli spettabili signori Giovanni Francesco Cagnola e Martino Scaravaggi, sindaci del Comune, e ai seguenti magnifici cittadini: Ludovico Vimercati, Maffeo Landriani, Giovanni Matteo Cusani e Prevosto Piola. Dopo che è stato esposto il parere dei maestri Bartolomeo della Valle e Benedetto Missaglia, ingegneri del Comune, in disaccordo l’uno con l’altro circa il modo e la forma per rendere il corso dell’Adda navigabile, e dopo che si è tenuto un ponderato discorso sulle premesse e ne è stata fatta un’attenta valutazione, si ordina e si giunge a conclusione che i magnifici signori cittadini milanesi più sotto nominati, il giovedì successivo, in caso di tempo sereno, effettuino un sopralluogo dove l’Adda deve essere resa navigabile; e che essi, dopo aver inteso la discussione dei due suddetti ingegneri ed ascoltato anche maestro Cristoforo Solari detto il Gobbo, pure ingegnere del Comune, stabiliscano il modo e la via per far diventare navigabile il corso dell’Adda, in conformità al decreto emanato dal reverendissimo ed illustrissimo Regio Senato di Milano nei mesi precedenti; e che sia data esecuzione a qualunque cosa sarà stata da loro decisa, deliberata ed ordinata.
Questi sono i nomi dei cittadini incaricati: i magnifici signori Francesco Corio, Filippo Guasconi, Bernardino Vegio, Giovanni Matteo Cusani, Ludovico Vimercati, Maffeo Landriani, Prevosto Piola, Ottaviano Panigarola, Cristoforo Caimi, Carlo Pagnani, Girolamo Melzi, Giovanni Giacomo Tanzi, cui si aggiunge l’intervento del signor Paolo da Casate, conoscitore della zona, per provvedere agli alloggi dei suddetti.
Quindi fanno richiesta che quanto precedentemente detto debba essere redatto per iscritto da me, Pietro Martire Spanzotta, notaio del detto Ufficio.

Progetto presentato dai magnifici cittadini incaricati
sul modo per rendere l’Adda navigabile

Nell’anno millecinquecentodiciotto, indizione settima, la domenica quattordici del mese di novembre, di sera, nella località di Robbiate nella pieve di Brivio nel ducato di Milano, e più precisamente nell’alloggio fornito dal signor Barone Airoldi ed ivi situato, sono convocati e riuniti i magnifici signori Prevosto Piola, Ludovico Vimercati, Bernardino Vegio, Carlo Pagnani, Giovanni Matteo Cusani, Francesco Corio, Filippo Guasconi, Ottaviano Panigarola, delegati ed incaricati a quanto segue secondo la forma dell’ordinanza emanata dai magnifici vicario e deputati dell’Ufficio di Provvisione della magnifica Comunità di Milano sabato 6 del corrente mese all’ora terza, i quali in esecuzione della detta ordinanza, nei giorni venerdì 12, sabato 13 e domenica 14 avevano effettuato un sopralluogo dove l’Adda deve essere resa navigabile ed erano andati ad esaminare con i propri occhi i luoghi indicati dai maestri Bartolomeo della Valle e Benedetto Missaglia, ingegneri del Comune, in dissenso reciproco sulla questione, ricorrendo anche all’intervento di altri magnifici cittadini milanesi, oltre che di molti mulinari e di altri abitanti della zona. Dopo aver ascoltato la discussione e valutato la proposta fatta in loro presenza dai due ingegneri e le ragioni da essi addotte, e dopo che è stato ivi esposto, sempre in loro presenza, il parere del magnifico Cristoforo Solari detto il Gobbo, nonché quello dei maestri Girolamo della Porta e Girolamo Bernardino Giussani, tutti ingegneri del Comune esperti di simili problemi, per procedere con maggior riflessione e più a proposito; dopo aver inteso anche il parere di molti altri presenti e raccolto le intenzioni di tutti; dopo un’appropriata e matura discussione con ripetuti scambi di battute e sulla base di una indagine scrupolosa e dopo che infine più volte era stato ispezionato di persona il luogo, in particolare dai mulini detti di Paderno venendo in giù verso Trezzo, lungo e accanto al fiume: ordinano e stabiliscono che le acque dell’Adda debbano essere derivate e il suo corso debba essere reso navigabile tramite lo scavo disegnato dal suddetto maestro Benedetto Missaglia, iniziando dalla parte anteriore del fiume nei pressi della località detta le Tre corna verso la riva di Robbiate e andando in giù, poco sotto la località detta la Rocchetta, che dista circa due miglia dalla località delle Tre corna, come viene riportato. A condizione però di far uso di quei metodi e valutazioni ivi addotti e discussi alla presenza dei suddetti signori e che dovranno essere dettagliatamente messi per iscritto da parte degli incaricati a maggiore e più prudente coronamento dell’opera.
E fanno richiesta che un atto pubblico e una solenne scrittura siano redatti da me, Pietro Martire Spanzotta, pubblico notaio del Comune di Milano.

Relazione dei cittadini incaricati

Magnifici signori vicario e presidenti dell’Ufficio di Provvisione del­l’illustrissima Comunità di Milano, per condurre ad effetto le commissioni affidateci dalle signorie vostre, abbiamo esaminato scrupolosamente e con precisione, insieme agli architetti più sotto nominati, le due vie proposte e livellate, o come correntemente si dice alivellate, da quegli altri architetti ai quali era stato dato incarico dai rappresentanti della suddetta Comunità, al fine di trovare la via migliore per navigare fino a Milano a partire dal lago Lario, che chiamano anche di Como, sulle acque dell’Adda e poi sul naviglio della Martesana, e quindi ritornare indietro. Così, dopo aver osservato ed accuratamente ponderato entrambe le vie, ma non senza aver prima parlato con tecnici, nobili, barcaioli, mulinari ed altri abitanti dei luoghi vicini, affermiamo di essere giunti all’unanimità alla conclusione e convinzione che, per una minore difficoltà ed una più agevole navigazione, si deve costruire un nuovo alveo a partire dal corso dell’Adda poco sopra la località detta le Tre corna. E bisogna iniziare in quel punto dove il letto del fiume avanza ampio e piatto e con una moderata corrente, offrendo comodità ai naviganti, così che non ci sarebbe la necessità di un grande sbarramento o retagulo, ma soltanto di quanto è sufficiente per immettere ed incanalare le acque del fiume nell’alveo da scavare, ricorrendo piuttosto ad un modulo o travacatore perché le acque necessarie alla navigazione siano convogliate in esso in caso di siccità, mentre quelle in eccesso scendano nell’alveo naturale in caso di piena. In questo modo vi sarà una continua ed agevole navigazione in ogni stagione.
Ora, un condotto di questo tipo sarà derivato a partire dalla località che abbiamo indicato sopra, cioè le Tre corna, sulla sponda destra dell’Adda, fino alla località detta della Rocchetta di Santa Maria, per eludere le tortuosità e gli scogli o massi che affiorano nel letto del fiume impedendo la navigazione, ed anche per evitare i tagli di quegli stessi massi che bisognerebbe effettuare sempre dalla località delle Tre corna fino alla Rocchetta, con ciò si intende tanto quei macigni che sono stati divelti dalle rocce e dalle sporgenze dell’Adda, quanto quelli che si fondano saldamente nel suo letto, e i tagli di molti altri che minacciano aperta ed evidente rovina. Oltre a ciò, al fine di evitare le enormi e ripide cadute del fiume, che sono di ostacolo alla navigazione, sempre dalla località delle Tre corna fino alla Rocchetta di Santa Maria, abbiamo deciso che si dovesse deviare il suddetto alveo attraverso la valle ivi esistente proprio fino al luogo della Rocchetta, anzi un poco più sotto, dove lo si potrà molto facilmente reimmettere nel vecchio alveo dell’Adda.
E abbiamo stimato che quell’alveo per essere più robusto deve essere scavato sulla costa ivi esistente e la sua larghezza nella parte più bassa o fondo deve essere di 18 braccia, in modo che sulla sommità o superficie dell’acqua l’ampiezza del naviglio sia tale che due imbarcazioni cariche che si incrociano possano scorrere senza danni; quanto poi alla profondità deve essere la minore che sia possibile ottenere, tanto per evitare quelle chiuse che chiamano conche, quanto ancora perché l’altezza di tale scavo non sia tale da esperio a crolli di rocce e il lavoro sia portato a termine più rapidamente. Inoltre il detto alveo sarà costruito in un suolo composto di sassi comunemente chiamati ceppi, che non solo saranno utili per l’opera, ma serviranno anche per cuocere la calce, sia quella necessaria per i lavori, sia quella che si potrà vendere. Se poi a lavori conclusi ne sarà avanzato qualcuno adatto alla costruzione di edifici, sarà venduto, mentre quelli rotti e tagliati che non serviranno a nulla saranno gettati nelle valli circostanti oppure nell’alveo del fiume quando sarà abbandonato.
In seguito si realizzeranno le chiuse necessarie per poter ritornare nelle acque dell’Adda nella condizione più agevole e più adatta alla navigazione, e poter scendere alla fine attraverso il naviglio della Martesana, come i calcoli di costruzione e di livellazione e la pratica stessa di ogni giorno dimostreranno ad opera compiuta. Pertanto sarà costruito a monte della prima conca l’emissario, che chiamano scaricatore, per separare e scaricare le acque a seconda del bisogno, mentre tra lo scaricatore stesso e la prima conca si faranno due porte in senso trasversale per chiudere le acque che restano più su ogni volta che sarà necessario per la riparazione della conca o per altri motivi, ed analoga precauzione sarà presa anche per l’altro primo scaricatore di cui si è detto sopra, in modo che abbia proprie finestre o ante che si chiudano in forma di triangolo e siano separate una parte dall’altra per potersi aprire e chiudere più facilmente, e che si possa ricevere più o meno acqua a seconda della necessità e sulla base dell’innalzamento o dell’abbassamento del flusso. Inoltre si darà a ciascuna conca una fuga o scaricatore, per scaricare le acque che impediscono l’uso delle conche stesse, e a tempo debito nella conca di ogni fuga da farsi si costruirà o si potrà costruire un mulino, se sarà il caso, e un altro ancora si potrà costruire nel punto in cui è collocata la chiusa, laddove il naviglio esce dal fiume.
Ad ogni modo siamo dell’avviso che, se mai si riesca a realizzare mulini di questo genere, converrà che essi siano posseduti a nome della Comunità, perché la navigazione non cada in servitù. Quanto alla loro fabbricazione invece si dovrà iniziare da quello che abbiamo detto doversi erigere nel luogo della chiusa o imboccatura del detto naviglio, quindi un altro dovrà essere nei pressi della prima conca e un altro ancora della penultima, dato che nel punto dell’ultima conca a stento si potrà costruire un mulino a causa dell’innalzamento e dell’abbassamento continui delle acque dell’Adda. Poi sarà utile collocare in quegli stessi mulini persone preposte alla custodia delle acque e delle conche, insieme ad un campare da tenere nella zona del primo scaricatore e per il quale si costruirà una piccola casa come sua abitazione. Inoltre nella realizzazione del detto alveo bisognerà prestare attenzione che in alcuni punti sia sufficientemente largo perché una grossa imbarcazione possa girarsi indietro agevolmente, in modo da poter transitare in su e in giù secondo l’occorrenza.
Per provvedere invece alla comodità della navigazione anche sugli altri tratti del corso dell’Adda, verranno rifatte le chiuse dei mulini e delle peschiere e si prenderanno gli altri provvedimenti necessari per una buona navigazione a seconda della convenienza; e di tali mulini si lasceranno solo quelli che potranno sussistere a lungo a generale vantaggio di tutta la zona ed utilità dei singoli, anche se noi riteniamo che, se si useranno le cure più attente e un po’ di intelligenza, la maggior parte di essi sopravviverà senza ostacolo per la navigazione.
E un’altra cosa abbiamo creduto di dover ricordare, cioè che, qualora si volesse navigare lungo il vecchio alveo dell’Adda, oltre all’asportazione di quei massi, alla costruzione delle opere di cui sopra e alla rettificazione del corso del fiume, sarebbe necessario costruire conche in diversi punti per salire e scendere i salti impetuosi o le spaventose correnti del fiume che, senza conche, non si potrebbero superare; anche se di esse in caso di piene non potremmo servirci che in minima parte, dato che proprio durante quelle inondazioni sarebbero soggette ad un grandissimo rischio di crolli. Così una navigazione in simili condizioni diventerebbe molto incerta, se non addirittura da escludersi del tutto, proprio a causa delle piene delle acque o delle cadute di massi che vengono giù dalle montagne. E un’altra cosa ancora abbiamo ritenuto che non si dovesse assolutamente tralasciare, cioè che da moltissimi dei più vecchi abitanti di quei luoghi abbiamo saputo che essi ricordavano bene che un tempo si era tentato di rendere navigabile il corso dell’Adda e che molto si era già lavorato proprio dal luogo chiamato delle Tre corna fino alla Rocchetta, e già allora si era impiegato il massimo zelo ed ingegno per rendere navigabile quell’alveo senza risparmiare alcuna fatica e spesa, ma la cosa non era mai andata a buon fine, perché qualunque lavoro venisse effettuato con enorme spesa e in gran spazio di tempo, in seguito alle piene delle acque veniva immediatamente distrutto. Così fu allora necessario abbandonare il progetto e si giudicò impossibile portare a termine un’impresa del genere. Ma se invece si proseguirà lungo la via già indicata e si devierà all’esterno del fiume un nuovo alveo, lo si potrà fare con minor difficoltà e la navigazione lungo questo alveo sarà molto più sicura e comoda, oltre che ininterrotta in un senso e nell’altro.
Quanto poi agli altri punti sia al di sopra che al di sotto della menzionata località delle Tre corna, quando si conosceranno a fondo le correnti e i salti impetuosi del fiume, si potrà provvedere nel modo più semplice, perché di giorno in giorno si individuerà la soluzione. Allo stesso modo si farà per quel che riguarda il resto dell’opera, a seconda di ciò che, attraverso il lavoro quotidiano, si vedrà risultare utile per portare a termine un’impresa tanto proficua e nobile che, a nostro giudizio, oltre ad una buona e comoda navigazione, si volgerà ad immenso onore della regia maestà e non meno a vantaggio e beneficio di questa illustrissima città di Milano.
Perciò, per la nostra personale fedeltà e devozione verso la patria affermiamo che la cosa migliore è dare inizio il più presto possibile ad un compito tanto urgente e meritevole, perché non sia sottratto alla nostra città un contributo così indispensabile e la città stessa per effetto di questa navigazione possa abbondare di quei prodotti che le sono necessari per il proprio sostentamento e per l’edilizia, oltre che di quei moltissimi altri di cui è sprovvista. Questo risulterà di vantaggio non meno che di onore per la città e per di più, se si sta attenti, senza alcun costo, dal momento che la spesa non potrebbe essere tanto grande che il profitto permanente della città e l’incremento delle entrate non la superi. Ma perché si possa realizzare un’opera tanto ammirevole con altrettanto minor spreco e perdita di tempo, abbiamo ritenuto, non inopportunamente, che ci si dovesse decidere ad eleggere alcune delle persone già menzionate per la loro esperienza e la loro integrità, perché attendessero ogni giorno a condurre a termine quest’opera commendevole e perché con la propria passione ed intelligenza ne accrescessero l’importanza e portassero a conclusione il progetto al più presto.
E un’altra cosa abbiamo creduto di non dover tralasciare, cioè di mettere a capo dell’impresa alcuni patrizi illustri per prestigio e capacità, per amministrare questo incarico ed intervenire ogni volta che vi fossero cose da discutere o da concordare nell’interesse della detta fabbrica. Così, perché tutto proceda secondo gli intenti, diciamo anche che sarebbe meglio designare alcune persone competenti per effettuare sopralluoghi in diversi momenti ed esaminare quanto sarà stato fatto o rilevare quanto sia ancora da fare, in modo che, valutata bene la situazione, ogni cosa venga eseguita a regola d’arte e con metodo, oltre che nel migliore dei modi e con il minor spreco, a lode e gloria di Dio Onnipotente, ad onore del cristianissimo re e ad accrescimento della nostra patria. Sottoscrizioni: io Ludovico Vimercati sono intervenuto e ho sottoscritto; io Giovanni Matteo Cusani sono intervenuto e ho sottoscritto; Bernardino Vegio ho sottoscritto come sopra; io Carlo Pagnani sono intervenuto e ho sottoscritto di mia mano; io Filippo Guasconi sono intervenuto e ho sottoscritto; io Cristoforo Solari sono stato presente a tutti le suddette operazioni e ho sottoscritto; Prevostino Piola ho sottoscritto; Francesco Corio ho sottoscritto; Girolamo Bernardino Giussani, pubblico notaio e architetto del Comune di Milano, su invito dei rappresentanti della Comunità è intervenuto a quanto sopra e a garanzia di quanto detto prima ha sottoscritto; io Girolamo della Porta detto Novarino, architetto della suddetta fabbrica della Camera Regia e della magnifica Comunità di Milano, su invito dei rappresentanti della Comunità sono stato presente a quanto sopra e ho sottoscritto di mia mano.
Nel millecinquecentodiciotto, indizione settima, il lunedì sei del mese di dicembre, al vespro, il suddetto magnifico signor Carlo Pagnani, anche a nome di quei magnifici signori nobili che hanno sottoscritto come sopra, presenta ed espone la suddetta relazione del tenore sopra ricordato, alla presenza del magnifico giureconsulto signor Giovanni Azzone Regna, vicario dell’Ufficio di Provvisione della magnifica Comunità di Milano e membro del venerando Collegio dei Giurisperiti di Milano, nonché alla presenza dei magnifici Ambrogio da Firenze, dottore in diritto civile e canonico e regio senatore, Girolamo Trivulzio, cavaliere, Girolamo Castiglioni, dottore in diritto civile e canonico e regio senatore, maestro Giovanni Antonio Castiglioni, fisico, Giovanni Pietro Cusani, Alessandro Simonetta e Ludovico Visconti, dottore in diritto civile e canonico, tutti dei Dodici deputati dell’Ufficio; e alla presenza inoltre del magnifico giureconsulto signor Cristoforo Panigarola, luogotenente regio, deputato dell’Ufficio per disposizione regia, e degli spettabili signori Giovanni Francesco Cagnola e Martino Scaravaggi, sindaci della Comunità, personalmente convocati e seduti davanti alla tribuna nell’Ufficio di Provvisione posto nel Broletto del Comune. E tutti accolgono la relazione con favore.
Nel millecinquecentodiciannove, indizione ottava, il mercoledì ventotto del mese di settembre, al vespro, si riuniscono nell’Ufficio di Provvisione della magnifica Comunità di Milano i magnifici signori Pietro Paolo Orrigoni, giureconsulto e luogotenente del magnifico giureconsulto signor Giovanni Azzone Regna, vicario del suddetto Ufficio, Girolamo Castiglioni, giureconsulto e regio senatore, Ambrogio da Firenze, giureconsulto e regio senatore, Ottaviano da Rho, Giovanni Pietro Cusani, Alessandro Simonetta, tutti dei Dodici deputati del suddetto Ufficio, insieme agli spettabili signori Paolo Balsamo e Luigi della Croce, entrambi sindaci della Comunità, ed effettuano un lungo esame di quanto segue.
Quindi si ordina che i magnifici signori Prevosto Piola, Giovanni Matteo Cusani, Francesco Corio, Carlo Pagnani, Alessandro Simonetta, Ottaviano Panigarola e Filippo Guasconi di nuovo si rechino nelle zone in cui si deve rendere l’Adda navigabile secondo quanto fin qui stabilito ed ivi facciano eseguire quella prova e verifica, che correntemente chiamano assaggio e spianata, per dare una buona volta inizio a questa impresa.
E si dispone che tutto quanto debba essere messo per iscritto da me, Pietro Martire Spanzotta, notaio e cancelliere del detto Ufficio.
In seguito il martedì quattro del mese di ottobre, al vespro, sono convocati nell’Ufficio di Provvisione i magnifici signori Pietro Paolo Orrigoni, giureconsulto e luogotenente del già menzionato magnifico signor Giovanni Azzone Regna vicario del detto Ufficio, Ambrogio da Firenze, giureconsulto e regio senatore, Giovanni Pietro Cusani e Alessandro Simonetta, tutti dei Dodici deputati dell’Ufficio, Prevosto Piola, Francesco Corio, Carlo Pagnani, Giovanni Matteo Cusani e Filippo Guasconi, presenti anche gli spettabili signori Paolo Balsamo e Luigi della Croce, entrambi sindaci della Comunità, i quali discutono tra di loro a proposito dell’esecuzione del decreto di cui sopra.
Quindi si ordina che il detto signor Filippo Guasconi, con il ricorso ai seguenti ingegneri, cioè i maestri Ambrogio della Valle, Benedetto Missaglia e Girolamo [Bernardino] Giussani, si rechi sul posto e, secondo l’istruzione che deve essere fornita da quegli stessi signori, faccia eseguire le livellazioni con scrupolo e accuratezza e faccia tagliare gli alberi nei boschi e nelle altre zone in cui occorrerà per la livellazione; e che poi essi valutino i danni di coloro cui saranno state tagliate le piante e facciano tutto questo il più rapidamente possibile e successivamente ne riferiscano ai suddetti signori, i quali a quel punto vadano di persona sul luogo e, senza più alcun indugio, diano inizio all’opera come ad essi parrà meglio conveniente e richiedendo anche l’intervento degli altri nominati nella relazione e quello dei magnifici signori Giovanni Pietro Cusani e Alessandro Simonetta, oltre che del signor Ottaviano Panigarola e di maestro Bartolomeo della Valle; quindi il suddetto signor Filippo convochi presso di sé il signor Paolo da Casate per valersi del suo aiuto a proposito del taglio degli alberi e di quant’altro riterrà da farsi.
E si dispone che tutto quanto debba essere messo per iscritto da me, Pietro Martire Spanzotta, notaio e cancelliere del detto Ufficio.

Istruzione del 5 ottobre 1519

Nota di alcune cose che si devono fare per meglio considerare i presupposti principali di una possibile navigazione dal lago di Como a Milano lungo la via dell’Adda e del naviglio della Martesana.
Per prima cosa di vedere diligentemente quanta salita vi è dal pelo dell’Adda all’inizio della chiusa del naviglio della Martesana andando fino al pelo dell’Adda sopra il castello di Trezzo, e quanti trabucchi ci sono e se si può fare facilmente la strada per i cavalli per tirare le navi in su, e da quale lato sarà meglio.
E così pure vedere quanto sale l’Adda dal detto castello di Trezzo fin sotto la caduta del mulino del Travaglia, che si trova presso la Rocchetta di Santa Maria, con il conto dei trabucchi che ci sono e quante cadute di mulini e peschiere ci sono, distinguendo l’una dall’altra il più possibile; e se di tali mulini ve ne sono di marcheschi si dica il numero.
E così pure quanto sale l’Adda dal suddetto mulino del Travaglia fin sopra le Tre corna, con il conto dei trabucchi che ci sono.
E così pure quanto sale l’Adda da quel luogo fino al pelo dell’Adda al di sopra della chiusa che si trova più su dei mulini di Paderno, con il conto dei trabucchi che ci sono e quanto e quanti di quei mulini sono marcheschi.
E così pure quanto sale l’Adda da quella prima chiusa, quella cioè del mulino superiore di Paderno, fin sotto la caduta del mulino che si trova prima di Imbersago, con il conto attendibile dei trabucchi che ci sono; se non si può fare il conto giusto, si veda quanta caduta ha quel mulino e così si consideri se vi si può fare comodamente la strada per i cavalli oppure no, e si dicano le difficoltà che ci sono con il provvedimento che si riterrà di prendere.
E così pure quanto sale l’Adda dalla chiusa del mulino suddetto fino a Brivio e da lì fino a Lecco, con la caduta dei mulini e peschiere che ci sono, e così le grandi cadute che ci sono nell’Adda, distinguendo l’una dall’altra, con il conto dei trabucchi che ci sono, ed essendocene di marcheschi si dica la quantità; e se in questo punto vi è modo di potersi fare strade comode per i cavalli e le anzane e che non siano interrotte dove ci sono mulini e peschiere; e si dicano le difficoltà con il rimedio che si ritiene di poter prendere; e qualora le dette misure non si possano rilevare tutte con esattezza, si prendano più precise che si può.
Si dovrà prendere bene in considerazione tutta la via suddetta per vedere se stia per verificarsi qualche frana lungo l’Adda, e che provvedimenti si dovranno prendere, e si dica il luogo in cui si trova tale inconveniente e la spesa che ci possa verosimilmente occorrere, considerando anche se da Imbersago in su c’è la comodità di scavare un letto di naviglio dietro la costa e soprattutto in quei punti in cui sembrerebbe esserci la maggior difficoltà di navigare sul corso dell’Adda, lasciando spazio a sufficienza al fiume per ogni innalzamento che possa verificarsi e che sia quello stesso letto sicuro da frane e dall’essere riempito di terra e sassi in caso di piene; e, dove parrà esserci qualche pericolo, si ponga bene attenzione sia a considerare la misura che si riterrà necessaria, sia a considerare in questo anche la spesa che ci possa andare.
Così osservare diligentemente da un capo all’altro se c’è qualche torrente o altri scolatori che possano venire ad immettersi nell’Adda, perché si consideri il modo migliore per far sì che non faccia danno alla navigazione e alle strade dei cavalli; e fare un esempio della spesa che ci possa occorrere.
Con attenzione si deve considerare punto per punto nel fondo dell’Adda se si trova qualche ostacolo che faccia danno al navigare e soprattutto in caso di siccità; e in questo pensare ad una soluzione, in modo che si possa navigare con navi della più grossa stazza possibile; e si prenda nota dettagliata di tutto, con l’esempio della spesa che ci possa occorrere.
Sarà anche bene osservare di quante braccia è più alto rispetto all’acqua dell’Adda quel pianoro presso le Tre corna, dove andarono i magnifici gentiluomini a piedi l’ultima volta che furono inviati dai magnifici signori rappresentanti dell’illustrissima Comunità di Milano, e valutare, con il livello o con altro strumento, quante braccia di scavo bisognerà fare per mettere allo stesso piano di livello il tratto dal detto pianoro fin sotto il mulino del Travaglia suddetto; e il conto dei trabucchi che ci sono, presupponendo che tale canale vada fatto con un fondo largo diciotto braccia, al di sopra di quello stesso pianoro, con una strada per i cavalli da una parte e dall’altra, larga circa quattro braccia; e vadano spianate le rive da ciascuna parte allargandosi verso l’alto, per quando è pieno, di tre once per ogni braccio; e considerare quanti quadretti di scavo ci vorranno, verosimilmente di terra di ceppi, per fare qualche spianata sulla sommità dello stesso canale per scaricare bene le rive, e assicurarsi che non si verifichi qualche frana, ma con l’avvertenza di non avvicinarsi troppo al corso dell’Adda con il canale.
Prendere nota, luogo per luogo, dei terreni che probabilmente, secondo la necessità, dovranno essere confiscati per la realizzazione della navigazione e delle strade, considerando anche se sia necessario smantellare qualche peschiera e mulino in tutto o in parte; e prendere nota di tutto quello che può costituirne il valore, con l’avvertenza di lasciarne, di quegli stessi mulini e peschiere, il più possibile per il bene del paese e l’interesse delle singole persone; e a proposito di questo, pensare al più adeguato rimedio che si possa adottare.
Di tutte le suddette cose, come si andrà di paese in paese facendo quelle livellazioni, se ne dovrà fare una relazione dettagliata e un disegno ben proporzionato rispetto a dove stanno il letto e le volute dell’Adda, con i mulini e le peschiere e il modo in cui si dovranno modificare; e così segnare le difficoltà che ci sono e i provvedimenti che si riterrà necessario prendere, perché più facilmente si possa intendere e stabilire ciò che sia il meglio perché la navigazione risulti il più possibile agevole e ininterrotta. E quando ci sia qualche cosa che male si possa rappresentare in un disegno, la si dica per iscritto per meglio completare il tutto.
Bisognerebbe ricordare altre cose, che però non si scrivono qui, perché la competenza degli esperti che si invieranno soddisferà a questo e a cose più importanti.

14 novembre 1519

Magnifici ed eccellentissimi signori vicario e Dodici assistenti del governo della magnifica Comunità di Milano ecc, volendo noi sottoscritti eseguire quanto ci avevano commissionato le magnificenze vostre, andammo mercoledì 19 del mese di ottobre scorso, insieme al magnifico messer Filippo Guasconi, sul corso dell’Adda e, iniziando da Lecco e dal lago di Como, scendemmo lungo il detto fiume dalla parte verso Milano, tenendoci sempre il più vicino possibile, fino a Imbersago, che sono 12 miglia all’incirca, e, dopo aver osservato il fiume e ben considerato fra di noi che attraverso quello si navigava per un tratto, benché in alcuni punti non comodamente, soprattutto a causa di alcune peschiere, chiuse di mulini e depositi di torrenti, concludemmo che tali luoghi facilmente si potevano rendere ben navigabili con una spesa di circa millecinquecento o duemila ducati.
Da Imbersago fino al mulino dello Sfondrati sotto il Monte Robbio, per uno spazio di due miglia all’incirca, ci sono quattro mulini di diversi proprietari che si possono facilmente adattare in una sola roggia vicina alla costa e levar via le chiuse, in modo che l’acqua scorra con uguale corrente e sia agevole al navigare.
Al detto mulino dello Sfondrati, cioè da sopra la chiusa al pelo dell’acqua, cominciammo a livellare mantenendo sempre le alivellate senza alcuna caduta, perché lo stesso messer Filippo diceva che voleva imboccare lì il naviglio e condurlo vicino alla costa fin quasi alle Tre corna, e livellammo fin sotto la chiesa di San Michele, attraverso una valletta nel bosco appartenente a Sperinazo da Paderno, per quattrocentotrentaquattro lunghezze, di cinque braccia di misura l’una, che sono duemilacentosettanta braccia da legname149, e sco­primmo che l’acqua aveva di corrente ottantasei once da legname ovvero sette braccia e due once.
E considerando noi che voler imboccare il naviglio sopra il detto mulino dello Sfondrati e condurlo vicino alla costa era cosa difficilissima e che richiedeva grande spesa, perché quella costa è ghiaiosa e con alcuni ceppi franati dall’alto, e poi perché è scoscesa, deliberammo allora che fosse meglio e più facile che lì, sotto San Michele attraverso la detta valletta nel bosco di Sperinazo da Paderno, si facesse una chiusa di traverso al corso dell’Adda che fosse alta dal pelo dell’acqua in su sette braccia e due once da legname, la quale chiusa produrrà lo stesso effetto come se lo si imboccasse al mulino dello Sfondrati perché rigurgiterà l’acqua fino là, mentre il mulino dello Sfondrati ed altri due di sotto si potranno adattare in seguito dove si farà lo scavo del naviglio vicino all’Adda.
Dopo, presupponendo noi che si facesse quella chiusa alta come sopra per imboccare il naviglio nella detta valletta, entrammo livellando attraverso quella valletta e procedemmo secondo misure di cinque braccia da legname l’una.
Fino a misure  6  qui va scavato once    64
            20  va scavato once        135
            23  va scavato once        190
            11  va scavato once        170
            16  va scavato once        108
            11  va scavato once        180
            14  va scavato once        272
            10  va scavato once        371
            8    va scavato once        442
E qui è dove va scavato più che in ogni altro punto.
Poi attraverso il ronchetto del Comune di Paderno entrammo nella valle più sotto alla costa grande.
Fino a misure  22  va scavato once        339
            31  va scavato once        341
            22  va scavato once        296
            12  va scavato once        319
Volgendosi poi fuori dalla detta valle ed entrando nella valle più vicino all’Adda.
Fino a misure  16  va scavato once        292
            19  va scavato once        207
            15  va scavato once        251
            4   va scavato once        278
            4   va scavato once        210
            5   va scavato once        71
           11  va scavato once        38
            6   va arginato once       4
Notate che qui bisognerà scavare benché sia basso, perché la detta valle è stretta e conviene tenersi sulla costa.
Fino a misure  11  va arginato once       66
            10  va arginato once       46
             4   va scavato once        33
             3   va scavato once        124
            14  va scavato once        178
Fino a misure  16  va scavato once        227
            17  volgendosi più in direzione dell’Adda
        va scavato once       206
             7   va scavato once       113
            12  va scavato once        21
            19  va scavato once        30
            19  va scavato once        100
            13  va scavato once        132
             8   va scavato once        97
Poi, volgendosi verso la costa attraverso l’inferno, per attraversare la costaiola del castelletto.
Fino a misure  13  va scavato once        122
            11  va scavato once        128
             3   nella valle più sotto alla costa
        va scavato once        63
             29  va scavato once        62
             23  va scavato once        93
              8   va scavato once        179
             18  va scavato once        190
             19  va scavato once        172
             13  va scavato once        143
Sul dorso della valletta stretta di ceppo.
Fino a misure  11  va scavato once        265
            14  va scavato once        231
            11  va scavato once        197
Attraversando una costaiola ed entrando in una valle più in direzione dell’Adda.
Fino a misure  10  va scavato once        123
            22  va scavato once        33
Poi nel ronco del signor Dionisio da Villa.
Fino a misure  15  va arginato o è più basso di
          once    53
             20  è più basso di once    118
In una valletta 21  è più basso di once    205
             9   è più basso di once    257
            12  è più basso di once    175
             7   è più basso di once    74
Uscendo poi dalla detta valletta ed entrando nel ronco dei frati della Rocchetta.
Fino a misure  19  è più basso di once    63
            13  è più basso di once    117
            16  è più basso di once    159
            10  è più basso di once    186
E qui siamo nel laghetto sotto alla Rocchetta di Santa Maria.
Fino a misure  16  è più basso di once    172
            17  è più basso di once    176
            11  è più basso di once    209
            15  è più basso di once    172
            11  è più basso di once    216
        che sono 18 braccia da legname.
E qui siamo al piano della chiesa rotta di San Giovanni sopra la riva dell’Adda sotto la Rocchetta.
È da notare che nella presente livellazione non è data la profondità del canale, né alcuna corrente, perché si possono definire a seconda che si faccia la chiusa sull’Adda tanto più alta.
La lunghezza dell’Adda, attraversando le valli da Paderno fino a dove si deve scavare, è di misure 644, che sono braccia 3220.
La lunghezza di quello che va arginato o che è più basso è di misure 212, che sono braccia 1060.
In totale misure 856, in totale braccia 4280.
Al piano suddetto della chiesa di San Giovanni sopra la Rocchetta, traendo un canale dal pelo dell’acqua dell’Adda al di sopra della chiusa del mulino dello Sfondrati sotto al Monte Rebbio, bisognerebbe arginare, se il piano non è più basso, braccia 18, once.
Dal quel piano fino al pelo dell’Adda sotto la detta chiesa, scende di braccia 28, once.
che sono in totale braccia 46, once.
E volendo navigare comodamente in questo naviglio, deve essere scavato attraverso la via di cui sopra, dove abbiamo livellato, fino alla chiesa di san Giovanni sotto la Rocchetta e dalla chiesa nell’Adda fin sotto il mulino del Travaglia.
Diciamo che è necessario che dal suddetto ronco di messer Dionisio da Villa, dove comincia ad essere più basso di cinquantatré once, fino alla chiesa di San Giovanni, dove è più basso di prima di diciotto braccia, si facciano quattro conche per eliminare quella caduta di diciotto braccia, le quali conche si faranno con poca spesa.
Così pure per scendere dalla detta chiesa in Adda sarà necessario fare un canale lungo la costa e passare al di sotto del mulino del Travaglia per mezzo miglio all’incirca, e nel canale distribuirvi almeno sei conche per eliminare la caduta di quelle ventotto braccia che ci sono dal piano della chiesa fino al pelo dell’Adda.
E notate che la spesa che occorrerà, per i suddetti mulini sotto Imbersago e il mulino dello Sfondrati e gli altri due di cui sopra, oltre alla spesa che ci andrà per la costruzione della chiusa di traverso all’Adda sotto San Michele e la spesa per scavare i ceppi e la ghiaia per realizzare il canale e l’alveo del naviglio per la lunghezza di tremiladuecentoventi braccia, e per fare le quattro conche per la lunghezza di millesessanta braccia, e poi per costruire un canale in muratura lungo la costa al di sopra del mulino del Travaglia e al di sotto per circa mezzo miglio, con le sei conche suddette, ammonterà in totale, calcolati i terreni che si occuperanno, a cinquantamila ducati all’incirca.
Vedemmo anche ed intendemmo dai barcaioli che dal detto mulino del Travaglia fino alla bocca del naviglio della Martesana il corso dell’Adda si potrà navigare, benché in alcuni punti con difficoltà. Ed avendo noi preso in considerazione quei punti, trovammo che si potevano facilmente adattare ad una comoda navigazione con la spesa di circa mille ducati. E così riferimmo fedelmente alle magnificenze vostre, alle quali sempre ci raccomandiamo. E se questa nostra relazione non esaurisce l’istruzione in ogni sua parte è stato perché il tempo non ci è bastato. Abbiamo atteso alle maggiori necessità, ma non per questo abbiamo mancato di porre l’attenzione al modo di realizzare l’opera e alla spesa che ci andrà. Milano, 14 novembre 1519. I servitori delle eccellentissime magnificenze vostre Girolamo Bernardino Giussani, notaio pubblico ed architetto del Comune di Milano, ha sottoscritto; io Benedetto Missaglia, ingegnere del Comune di Milano e della Regia Camera ho sottoscritto; Giovanni Lombardo dei Patriarchi di Argegno, pittore, ho sottoscritto; Ambrogio della Valle, ingegnere del Comune di Milano e della Camera Ducale, nominato come sopra, ha sottoscritto.
1519. Presentata al cospetto dei magnifici signori Giovanni Azzone Reyna, dottore in diritto civile e canonico, vicario, e dei deputati del suddetto Ufficio, lunedì 14 del mese di novembre, al vespro, dai quattro di cui sopra, cioè Girolamo Bernardino Giussani, Benedetto Missaglia, Giovanni Lombardo e Ambrogio della Valle, ecc.

Conclusione dell’intero incarico

Magnifici Signori Vicario e Presidenti di Provvisione ecc, le Magnificenze Vostre ci diedero commissione fin dall’anno scorso di doverci recare sul luogo dove si ragiona di voler rendere l’Adda navigabile e lì esaminare le difficoltà e le opinioni degli ingegneri e considerare i provvedimenti che si dovessero prendere. Andammo e riferimmo per iscritto assai largamente alle Vostre Magnificenze quanto nel corso dell’incarico trovammo e quale fosse il nostro parere. Poi, più volte richiesti da quelle, siamo venuti presso l’ufficio di Provvisione ed abbiamo tenuto lunghe discussioni con quelle ed affrontato quanto è opportuno e necessario per giungere alla realizzazione dell’opera; quanto alle conclusioni di tali ragionamenti e valutazioni sono state messe per iscritto dai cancellieri dell’ufficio. Di recente in un’ordinanza delle suddette Vostre Magnificenze emanata il 4 ottobre, si stabiliva che il signor Filippo Guasconi e con lui gli ingegneri in essa nominati dovessero recarsi sul luogo e di nuovo osservare, valutare, misurare e livellare, oltre che calcolare la spesa che occorrerà per raggiungere lo scopo, come più ampiamente è contenuto nell’istruzione che abbiamo loro assegnato. Ed essi sono andati e una volta ritornati hanno presentato la loro relazione ed esposto le misure, livellazioni e spese per iscritto alle Vostre Magnificenze e così pure a noi. Poi abbiamo voluto parlare con loro ed interrogarli attentamente, e da parte loro restiamo più che soddisfatti per quanto riguarda le cose che al presente si devono fare per l’avvio dell’opera.
E poiché nella suddetta ordinanza si stabiliva che, ritornati che fossero il suddetto signor Filippo e gli ingegneri ed ascoltata la loro relazione, noi dovessimo di nuovo, e loro insieme a noi, ritornare sul posto e lì far dare inizio all’opera, abbiamo considerato che per il momento non è necessario, dato che anche stando qui si può dare forma e ordine perché una buona volta si avvii il progetto in questa maniera: cioè che si attenda a far sì che si possa navigare sull’Adda da Lecco fino alle vicinanze delle Tre corna e poi dal punto vicino al mulino del Travaglia fino a Trezzo e all’imbocco del naviglio della Martesana, cosa che si farà rapidamente e con spesa di circa seimila ducati, secondo il calcolo fatto dai detti ingegneri. E, una volta fatto questo, si incrementerà la navigazione delle merci in modo che si potranno traghettare per circa due miglia, mentre per ora si trasportano da Brivio fino al Porto, che sono undici miglia. E a questo fine non si deve tralasciare di sollecitare il rilascio per poter riscuotere i denari, dato che senza di essi non si potrà raggiungere lo scopo. E mentre si renderà l’Adda navigabile come è detto sopra, noi incaricati sottoscritti decideremo al momento quali siano i modi preferibili per far sì che si possano navigare quelle due miglia, lungo le quali d’ora in poi si traghetteranno le merci. Quindi si metterà in atto il sistema che risulterà più comodo per la navigazione: e per quanto riguarda la sua realizzazione, secondo la relazione degli ingegneri che si sono inviati a misurare, livellare e calcolare, la spesa sarà di cinquantamila ducati. Milano, 15 dicembre 1519. Hanno firmato Francesco Corio, Prevostino Piola, Ludovico Vimercati, Giovanni Matteo Cusani, Bernardino Vegio, Ottaviano Panigarola, Carlo Pagnani, Filippo Guasconi.

1519, lunedì 19 dicembre, di mattina, presentata dallo spettabile signor Carlo Pagnani a nome proprio e di tutti gli altri che hanno sottoscritto la suddetta relazione.

FINE

Stampato a Milano da Agostino da Vimercate.
Anno domini 1520, die 26 luglio.




12 aprile 1520, sul luogo dei lavori

Quanto più benefico, utile ed onorevole sarà alla patria nostra l’opera già iniziata di rendere l’Adda navigabile con i suoi effetti, come in altro luogo ho esposto in lingua latina, tanto più durerà la lode per l’eterna memoria del nostro re cristianissimo e duca di Milano, di essa promotore. Il quale, come sapientissimo e magnanimo, sa bene che per due cause si acquista immensità di gloria e immortalità di fama: per il valore in guerra e l’onore in pace. Dopo aver dato, nelle campagne di guerra, prova della sua insuperabile virtù, come è noto a tutto il mondo, nella calma e tranquillità del vivere si mostra essere emulo ed imitatore di Giulio Cesare Augusto e di Traiano, che hanno acquisito eterna rinomanza costruendo templi agli dei di mirabile splendore e magnificenza, archi trionfali, acquedotti e canalizzazioni di fiumi di pubblica utilità.
E perché un’impresa tanto grande raggiunga il fine desiderato, la lungimiranza di quel re ne ha dato incarico all’illustrissimo ed eccellentissimo monsieur de Lautrec, suo luogotenente generale in Italia, che, elevatosi al di sopra dei capitani del nostro tempo come un altro Fabio, Scipione, Marcello e Mario, non si può paragonare a nessuno per integrità di vita, clemenza, grandezza d’animo e prudenza. E questo generosissimo prìncipe proprio alla detta opera dell’Adda, che per lungo tempo fu oggetto di discussione, a proposito di come si dovesse indirizzare ed amministrare una tanto importante e grande impresa per una maggiore comodità della navigazione, ha sempre offerto il suo sapientissimo ed amorevole consiglio, grazie al quale ora si sono dati ad essa un avvio e una precisa fisionomia. E perché sua eccellenza potesse meglio e più regalmente dimostrare le suddette sue buone qualità e virtù, avendo osservato che molte località dei tenitori pavesi e novaresi sono gerbidi incolti e sterilissimi, e che essi dolorosamente si lamentano che dalla virtù, operosità e possibilità umane da Dio concesse per simili faccende non sia venuto loro un aiuto per renderli fertili e fecondi, come per molte altre terre è stato fatto in questo Stato dai principi passati, e avendo il suddetto illustrissimo ed eccellentissimo signore ascoltato la loro richiesta, subito ha pensato e si è messo in testa di volervi porre un rimedio.
E considerando sua eccellenza che l’acqua è l’anima della terra e la terra è madre di tutti gli esseri, non soltanto razionali ma anche irrazionali, come attestano divini poeti ed autorevoli storici, per non tralasciare di prendere i provvedimenti opportuni e convenienti ad una necessità tanto grande, trovandosi in quel tempo in procinto di andare in Francia per grandi cose ed imprese degne di tanto re e di se stesso, ha dato incarico al magnifico signor Pietro Montemerlo, regio senatore, che, dopo aver richiesto l’intervento di quei gentiluomini di Milano e Pavia che sono più esperti nel derivare le acque e quello di ingegneri pratici del loro mestiere, scelti a sua discrezione, volesse recarsi sulle sponde del Ticino, in quelle zone dove riteneva che più comodamente si potesse scavare dal fiume un naviglio per portare acqua a quei luoghi e terreni sterili per bonificarli, a utilità e pubblico beneficio di tutti e di ognuno; e, dopo averlo bene ed accuratamente ispezionato e dopo aver inteso ogni bisogno, lo facesse misurare, livellare e facesse vagliare ogni cosa pertinente e necessaria al compimento di tale impresa, e subito gli fornisse informazione particolareggiata ed ampiamente dettagliata di ciò che si rilevava a tale riguardo.
Il quale magnifico signor Pietro, eseguita la commissione, ha riscontrato che si poteva fare ciò con utilità e vantaggio come sopra, per cui si può aver ferma speranza che si darà il via a questa degnissima e fruttuosissima opera già indicata, come pure alle altre in questo Stato, a beneficio universale e particolare dei sudditi. Perciò i senatori e i magistrati se ne rallegrano, i pubblici amministratori e i gentiluomini ne fanno festa, le popolazioni delle città, dei castelli e dei villaggi ne giubilano pregando Dio che induca il cristianissimo re e duca nostro a mandare presto il suddetto illustrissimo ed eccellentissimo signore sano e salvo, in modo che possiamo sotto il suo buon governo vedere e godere i frutti della pace ricordati prima ed altri similmente ricchi di felicità e di gloria, tanto che da queste parti sembra che la sua venuta debba aver l’effetto del sole, che in un attimo delizia ed illumina il mondo.

Compilato da Carlo Pagnani, patrizio di Milano, il giorno 12 aprile 1520, mentre si trovava sulla sponda dell’Adda insieme ai signori Tommaso Landriani, Giovanni Matteo Cusani e Ottaviano Panigarola, inviati dal magnifico Ufficio di Provvisione di Milano per vedere il lavoro che si faceva circa la forma e l’inizio dell’impresa di rendere l’Adda navigabile. E poiché lo stesso Carlo, insieme ai signori Alessandro de’ Risi, dottore, Francesco Barbavara e Filippo Guasconi, milanesi, Giovanni Stefano Ricci e Michele Spelta, pavesi, maestro Benedetto Missaglia, ingegnere di Milano, e maestro Cristoforo, ingegnere di Mortara, tutti interpellati dal suddetto magnifico signor Pietro Montemerlo, è sempre intervenuto all’ispezione, livellazione e progettazione dello scavo di un naviglio in uscita dal Ticino per il motivo detto sopra, e non essendo tal cosa a conoscenza se non di pochi, per fare in modo che la buona disposizione del suddetto illustrissimo ed eccellentissimo signore verso questa città di Milano e verso le altre dello Stato sia intesa ed universalmente nota, ha fatto stampare quest’opera a onore e lode di sua eccellenza ed anche con il fine, se succedesse che per il momento non si potesse conseguire la realizzazione di questo progetto del Ticino, di lasciarne almeno un documento che potesse essere motivo di portarlo a termine in un’altra occasione. Anche se si crede che Dio abbia riservato quest’impresa per essere compiuta per opera ed intervento proprio di quell’illustrissimo ed eccellentissimo signore, per accrescerne il ricordo e la fama eterna e la devozione dei sudditi verso sua eccellenza.

* * *

Lettere di Caio Plinio il giovane a Traiano
Il lago di Nicomedia, lettera XXVII

Quando considero la grandezza della tua fortuna e del tuo animo, mi sembra quanto mai conveniente sottoporti un’opera non meno degna della tua fama eterna che della tua gloria e che sarà ritenuta di tanta bellezza come di utilità.
Nel territorio di Nicomedia c’è un lago assai grande: attraverso questo si trasportano fino alla strada, su imbarcazioni, i marmi, i prodotti della terra, la legna e i materiali da costruzione con grande spesa e fatica; e poi da lì fino al mare per mezzo di carri, ma con grande fatica e ancor maggiore spesa.
Questo lavoro richiede molta manodopera e questa d’altra parte non manca. Vi è infatti un’abbondante popolazione nei campi e soprattutto in città e si può ben sperare che tutti cominceranno molto volentieri un lavoro tanto utile. Resta solo che tu invii un livellatore o un architetto (se sei di questo parere) che verifichi con esattezza se il livello del lago è più alto di quello del mare: gli impresari della zona sostengono che è più alto di quaranta cubiti. Io da parte mia ho scoperto proprio nei dintorni un canale fatto scavare da un re, ma non si sa se per raccogliere le acque dei terreni circostanti o per collegare il lago con un fiume, dato che l’opera è incompiuta. E resta anche questo dubbio: fu interrotta per la morte del re o perché si disperava della possibilità di portarla a termine? Ma proprio per questo, perché si tratta della tua gloria (mi permetterai di essere ambizioso), io sono animato ed entusiasmato a desiderare che tu porti a compimento quanto iniziarono dei re.

[Traiano a Plinio] Codesto lago può spingerci a volerlo mettere in comunicazione con il mare. Sì, ma bisogna prima esaminare con grande attenzione se, una volta che sia stato incanalato fino al mare, non vi si riversi completamente, e in ogni caso quale sia la quantità d’acqua e da dove la riceva. Puoi chiedere un livellatore a Calpurnio Macro, mentre da parte mia ti invierò da qui qualcuno esperto in questo genere di lavori.

Il lago di Nicomedia, XLII

Tu, signore mio, ti preoccupi con grande previdenza che il lago, una volta collegato al fiume e quindi al mare, non si svuoti. Ma io credo di aver trovato nei fatti il modo per sistemare questo condotto.
Ecco qui: le acque del lago possono essere dirette fino al fiume tramite un canale, ma senza essere scaricate nel suo letto, piuttosto lasciando una specie di rilievo possono essere contenute e nello stesso tempo separate. Se otterremo lo scopo che non si debbano mescolare a quelle del fiume vuoto, ma risulti come se si mescolassero, allora sarà facile, attraverso quel brevissimo tratto di terra che li separerà, trasportare fino al fiume i carichi giunti lungo il canale. Ecco cosa si farà se il bisogno ci costringerà, ma spero di no. Il lago infatti è abbastanza profondo e attualmente defluisce dalla parte opposta con un emissario, che può essere ostruito da quella parte e deviato là dove vogliamo senza alcun inconveniente per il lago, che scaricherà la stessa portata d’acqua di adesso. Inoltre in quel tratto in cui si dovrà scavare il canale scendono dei ruscelli che, se opportunamente collegati, aumenteranno anch’essi la portata del deflusso del lago. Tuttavia se si preferirà prolungare di più il canale e, scavandolo più profondamente, portarlo al livello del mare per poi scaricarlo non nel fiume ma nel mare stesso, allora sarà proprio il riflusso del mare a trattenere e respingere l’acqua che esce dal lago. E se poi la natura del terreno non ci consentisse nulla di tutto ciò, sarebbe comunque agevole regolare il flusso dell’acqua con delle chiuse.
Ma queste ed altre soluzioni potrà ricercare e verificare con molta più competenza di me il livellatore che devi assolutamente inviarmi, Signore mio, così come mi hai promesso. Davvero è un’impresa degna della tua grandezza e della tua attenzione. Frattanto io ho scritto all’illustrissimo Calpurnio Macro da parte tua di inviarmi il più esperto livellatore possibile.

[Traiano a Plinio] È chiaro, mio carissimo Secondo, che a proposito di codesto lago non ti sono mancate né la prudenza né la scrupolosità, dato che hai già preso così tante precauzioni perché esso non corra il rischio di svuotarsi e perché per l’avvenire torni a nostra maggiore utilità. Pertanto vedi di fare ciò che prima di tutto ti avrà suggerito la situazione. Credo proprio che Calpurnio Macro farà in modo di procurarti un livellatore; d’altra parte codesta provincia non è certo priva di questi tecnici.

* * *

LA INCLITA città di Milano già da molto tempo ha desiderato che fossero levati gli ostacoli a causa dei quali non si lavorava per dare avvio alla navigazione dell’Adda, nei modi che si spiegano più sopra in questo libro anche con la descrizione del progetto. Poi, una volta tolti gli ostacoli e dato inizio ai lavori, ha voluto che i signori francesi che sono qui si recassero sui luoghi in cui si realizza l’opera per vedere, considerare ed intendere il modo e la forma elaborati per tale obiettivo. È piaciuto all’illustrissimo monsieur de Teligny andarvi insieme alla sua illustrissima signoria monsieur Corsivo, governatore di Lecco, monsieur Benazo, castellano di Trezzo, ed altri gentiluomini francesi. I quali il giorno 18 agosto 1520 si sono trovati sul posto, accompagnati a nome della città dai signori Tommaso Landriani, Carlo Pagnani e Paolo da Casale di Arcore, tutti gentiluomini di Milano a conoscenza del progetto. E quegli stessi signori francesi, dopo aver visto e considerato il luogo e quindi inteso il progetto, lo hanno apprezzato moltissimo ed hanno mostrato di trarne grande piacere per l’onore e fama eterna che ne verrà al cristianissimo re e duca nostro, come pure per il beneficio che porterà sia a sua maestà cristianissima, che alla sua città di Milano e ad altre terre dello Stato.


FINE

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